Monday, May 06, 2013

Perché vorrei pure raccontare...

... ma tempo addietro ho appeso i fogli al chiodo, o la penna al muro, o quello che vi pare.
Occorrerebbe, sembra, fornire una cornice qualsivoglia, riferimenti sparsi, punti cardinali o quantomeno di partenza.
Come fare.
Andrea Pazienza?, la sua zoommata in "Un'estate"?, il cemento di chi ricorda ancora i fastigi verdeggianti del grigio cementizio delle estati solitarie?, il lento accumularsi del lessico avvenire?
Basta là.

Talune radio ripetono vinili mai graffiati - lanuggine del tempo accumulato.
Noialtri siamo "fortunati": basta lo specchio, e siamo vecchi a sufficienza.
Anche di più.
Le troppe morti accumulate nel cammino della vita ridonano emozioni, o almeno mute eco delle stesse, quanto occorre a presentire il pallido avvenire delle lune storte.
Facciamo un passo indietro.
Facciamo finta che ci sia una sola lingua.
Allora non occore dire quanti anni sono andati sotto i ponti - la fisica distanza, a volte, si confonde con la flebile continuità binaria, e il web aiuta: gli amici sono amici sono amici sono amici. E ritrovarsi a lustri di distanza non si tinge di finte simiglianze, il tempo passa e trita, maciulla, frantuma vicinanze e dona lontananze inopinate, o forse presentite.
O mai dimenticate.
Basta poco, se va bene.
Altrettanto, se va male.
Ma non confondiamo i piani.

Vengo qui a dipingere l'acuto alternativo del tuo cipiglio bruno, il chiodo conficcato in molteplici pareti delle tue pupille luminose ancorché nere come notti sconosciute, il tuo sorriso sbilenco e lampeggiante sottintesi sempre esplicitati da rapide battute - quello che sapevo, quello che mi mancava, un altro me, magari, ma non solo.
Il tenue tepore di una tavola imbandita di ataviche emozioni senza nome, lo scambio analfabeta di titoli e raggiri, un altro giorno.
Dico: è stato bello.



Ma poi ti chiedo: vedesti come me quei movimenti fluidi, precisi e senza tempo di colei, dirimpettatia senza nome e senza volto, che giungeva alla finestra dal vetro zigrinato aperto quanto basta, il palmo della vita, sfilarsi le mutande prima a destra e poi a sinistra, il braccio liberato troppo tardi per depennare l'attimo della visione triangolare e senza tempo?
Non te l'ho chiesto allora per non rovinare l'attimo, per non sporcare l'assoluto con trite battute da voyeur d'accatto - quali sarem(m)o ma  non siamo: che perfezione a colmare perfezione.

È stato bello.

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