Tuesday, May 28, 2013

Aggiusta l'istanza

Troppo vecchio per cronache d'assalto,
subappalto pensieri malcelati
e poco digeriti.

Balbetto vani e triti
tentativi sul maculato asfalto
di troppo giovani corsie d'accesso.

Poco importa sapersi come un fesso.

Monday, May 27, 2013

L'angusta distanza

Se mai potessi avere una certezza
sarebbe sull'assenza
della costante cosmica inerente
il numero di sigarette accese
al tuo cospetto tacito -

l'urlo seguente essendo
l'eco esausta di torbide presenze.

Wednesday, May 22, 2013

Arconte con te, vel shift

Da agnostico mi è ostico riconoscere i miei santi, ma tanti errori non bastano all'afrore: occorre invece soltanto una parola, taciuta o detta nella fretta.
Con questo dovrei avere soddisfatto la sete di ruggine alle sbarre, e torno al bianco declinato nei decenni.
La fisica donata al popolo soccorre: il bianco essendo la somma dei colori, è quanto più distante dal vuoto circostante. Evidentemente non bastava.
Ricomincio e rifinisco.
Il bianco, dicevo, non è il vuoto. O perlomeno non è la sua paura.
Sa bene il fumatore che il bianco è la cartina presto piena di tabacco.
E tuttavia c'è bianco e bianco, anche a non essere creativi dell'ultimo prodotto per bucato.
Lo specchio, ad esempio, non è bianco, ma l'iride vi annega facilmente, immemore di quanto la circonda - e vorrei pure vedere quell'occhio che si guarda, teoria dell'infinito speculare senza fine e senza inizio.
Punto e a capofitto.
Dicevo, il bianco è un'altra storia, parente stretta di quell'aporia demente e insufficiente - la recita dell'egida cadente, la svista dei molteplici punti e virgola di vista, l'apostrofo di oroscopi fallaci e di fin troppo esatte cronache mondate del nero macilento dei silenzi.
Profondi girotondi.
Tornare indietro, certo: presunta scorciatoia sull'avanti -  o stare fermi, fin quando almeno le tue labbra sono rosa, piene e morbide di gioia, e precedevi le mie malinconie facendo di pozzanghere i laghi di consenso a posteriori, conditi dell'afflato di agnizioni inaspettate.
I miei occhi chiusi.


Qual è il timore che incoraggia le mie fughe?
Quale la corda che ti scioglie?
Qual è il torto che ha ragione?
Quale perché risponde infine al come?

E quando e dove, come no.
Lo so, ma senza prove.

Tuesday, May 21, 2013

Pretese attese


Aspettando un moto carsico o una pioggia di meteore che spazzi via l'inutile ciarpame che, pur centellinando, ho sin qui disseminato, rispolvero una lunga attesa ripagata appieno.
Sei anni, da un certo punto in poi, sono più o meno come ieri, ma questo è l'intervallo che separa Era Vulgaris da ...Like Clockwork: ... Come l'olio, tradurremo a braccio. Ed è appropriato.
Di tutto il furore abrasivo generosamente erogato, con minime quanto gustose variazioni, nella vita precedente dei Queens of the Stone Age, qui non vi è che la sottotraccia appena udita in qualche riff, in qualche effetto o in qualche stop&go.
La saturazione si raggiunge più con i colori che con le pietre, e immagino che facilmente alcuni resteranno a bocca asciutta.
Non del tutto a torto, se si è incrollabilmente fautori del tutto e subito, ma due obiezioni vanno poste senz'altro: l'esperienza matura/ta via Them Crooked Vultures, che già lasciava presagire smussamenti e limature da un lato; e dall'altro la non chimerica speranza che Mr. Homme, innegabilmente coagulo di questa mirabile e mutevole entità, saprà virare ancora, tra sei mesi o anni o lustri, verso scogliere qui doppiate con maestria, e stuprare i nostri timpani assetati.
Per intanto, la sua voce che, negli anni, ci ha incantato sempre più, svettando finanche sulle rasoiate delle sue improbabili chitarre: che gli dei ce lo conservino.


Thursday, May 16, 2013

La differenza tra me e il mondo

Le due categorie fondamentali
sono e rimangono
il disgusto.


Sunday, May 12, 2013

Un po' come la coppia, quando litiga...

... e appena troppo tardi capisci quanto è tardi per capire. Sarà dovuto a quello che non mitiga la chimica, quei cardi a vedersi così belli eppure pungono, parole sparse al vento che semina gramigna, la gioventù bucata e l'altra spada, ma vedi - quale che sia il modello dell'atomo prescelto, è sempre troppa o troppo poca l'energia, digrignano orbitali paralleli, concentriche minacce di carezze non intese, variabili diamesiche perdute nell'ipostasi del tuo caduco amore.
Perché la guerra è necessaria, ma non sufficiente, risposta errata alla domanda giusta o magari viceversa - di fatto e senz'appello, ingiusta, insufficiente, inutile e perversa.


Un po' come la somma di tante mezze vite, che mai faranno una.

Thursday, May 09, 2013

It won't die

L'esatta percezione dei fetori
al cambio di stagione
e tutte le parole altrui,
il predicare dei periodi bui,
il tenue gelsomino soffocato,
l'afrore di profumi dozzinali,
le tacite dozzine maciullate,
la turgida cagnara -
tirannide di codici genetici
con cui non fare i conti
all'ombra di semiotiche cadenti.

.


Monday, May 06, 2013

Perché vorrei pure raccontare...

... ma tempo addietro ho appeso i fogli al chiodo, o la penna al muro, o quello che vi pare.
Occorrerebbe, sembra, fornire una cornice qualsivoglia, riferimenti sparsi, punti cardinali o quantomeno di partenza.
Come fare.
Andrea Pazienza?, la sua zoommata in "Un'estate"?, il cemento di chi ricorda ancora i fastigi verdeggianti del grigio cementizio delle estati solitarie?, il lento accumularsi del lessico avvenire?
Basta là.

Talune radio ripetono vinili mai graffiati - lanuggine del tempo accumulato.
Noialtri siamo "fortunati": basta lo specchio, e siamo vecchi a sufficienza.
Anche di più.
Le troppe morti accumulate nel cammino della vita ridonano emozioni, o almeno mute eco delle stesse, quanto occorre a presentire il pallido avvenire delle lune storte.
Facciamo un passo indietro.
Facciamo finta che ci sia una sola lingua.
Allora non occore dire quanti anni sono andati sotto i ponti - la fisica distanza, a volte, si confonde con la flebile continuità binaria, e il web aiuta: gli amici sono amici sono amici sono amici. E ritrovarsi a lustri di distanza non si tinge di finte simiglianze, il tempo passa e trita, maciulla, frantuma vicinanze e dona lontananze inopinate, o forse presentite.
O mai dimenticate.
Basta poco, se va bene.
Altrettanto, se va male.
Ma non confondiamo i piani.

Vengo qui a dipingere l'acuto alternativo del tuo cipiglio bruno, il chiodo conficcato in molteplici pareti delle tue pupille luminose ancorché nere come notti sconosciute, il tuo sorriso sbilenco e lampeggiante sottintesi sempre esplicitati da rapide battute - quello che sapevo, quello che mi mancava, un altro me, magari, ma non solo.
Il tenue tepore di una tavola imbandita di ataviche emozioni senza nome, lo scambio analfabeta di titoli e raggiri, un altro giorno.
Dico: è stato bello.



Ma poi ti chiedo: vedesti come me quei movimenti fluidi, precisi e senza tempo di colei, dirimpettatia senza nome e senza volto, che giungeva alla finestra dal vetro zigrinato aperto quanto basta, il palmo della vita, sfilarsi le mutande prima a destra e poi a sinistra, il braccio liberato troppo tardi per depennare l'attimo della visione triangolare e senza tempo?
Non te l'ho chiesto allora per non rovinare l'attimo, per non sporcare l'assoluto con trite battute da voyeur d'accatto - quali sarem(m)o ma  non siamo: che perfezione a colmare perfezione.

È stato bello.